Il report dello Spi Cgil: case di riposo, a Trieste fuori norma 9 su 10
La situazione delle case di riposo a Trieste è allarmante. A
denunciarlo è lo Spi Cgil, che con un dettagliato report sul 2018
dipinge un fosco ritratto delle strutture cittadine: stanze da letto
troppo piccole, pochi bagni per gli ospiti, rapporto inadeguato tra
anziani seguiti e assistenti sanitari. Insomma la stragrande
maggioranza delle case di riposo non rispetta gli standard richiesti
dalla Regione per ottenere l’accreditamento.
denunciarlo è lo Spi Cgil, che con un dettagliato report sul 2018
dipinge un fosco ritratto delle strutture cittadine: stanze da letto
troppo piccole, pochi bagni per gli ospiti, rapporto inadeguato tra
anziani seguiti e assistenti sanitari. Insomma la stragrande
maggioranza delle case di riposo non rispetta gli standard richiesti
dalla Regione per ottenere l’accreditamento.
Per lo Spi Cgil, fino
allo scorso anno l’88% delle residenze per anziani (ovvero 71 su 80)
non era in grado di soddisfare le richieste dell’ente. Tante carenze
nelle sei realtà pubbliche, le 65 polifunzionali private e le 9
private “semplici” attive in città . Per un totale di posti
letto che nel 2018 era di 2.966 unità di cui 305 per persone
autosufficienti, 1.068 non autosufficienti e 1.593 polifunzionali.
allo scorso anno l’88% delle residenze per anziani (ovvero 71 su 80)
non era in grado di soddisfare le richieste dell’ente. Tante carenze
nelle sei realtà pubbliche, le 65 polifunzionali private e le 9
private “semplici” attive in città . Per un totale di posti
letto che nel 2018 era di 2.966 unità di cui 305 per persone
autosufficienti, 1.068 non autosufficienti e 1.593 polifunzionali.
Il segretario
generale Fvg della Spi Cgil, Roberto Treu, spiega: «Sulla
carta sembra che sia tutto a norma, ma nella pratica le persone non
vengono trattate in modo dignitoso a causa di un numero di personale
inadeguato rispetto alle ore di servizio». La precedente legislatura
regionale guidata da Debora Serracchiani aveva avviato un
monitoraggio delle strutture per anziani e nel 2017 si era arrivati a
fissare paletti ben più rigidi per chi voleva ottenere la
convenzione con la Regione, con una classificazione che prevedeva tre
livelli, anche di contributi, basati su: complessità assistenziale
elevata, media a bassa. Il termine per l’adeguamento delle
strutture è scivolato a fine 2019, un termine che non subirà
ulteriori modifiche come ha confermato l’incontro con le parti
sociali dal vicepresidente Riccardo Riccardi.
generale Fvg della Spi Cgil, Roberto Treu, spiega: «Sulla
carta sembra che sia tutto a norma, ma nella pratica le persone non
vengono trattate in modo dignitoso a causa di un numero di personale
inadeguato rispetto alle ore di servizio». La precedente legislatura
regionale guidata da Debora Serracchiani aveva avviato un
monitoraggio delle strutture per anziani e nel 2017 si era arrivati a
fissare paletti ben più rigidi per chi voleva ottenere la
convenzione con la Regione, con una classificazione che prevedeva tre
livelli, anche di contributi, basati su: complessità assistenziale
elevata, media a bassa. Il termine per l’adeguamento delle
strutture è scivolato a fine 2019, un termine che non subirà
ulteriori modifiche come ha confermato l’incontro con le parti
sociali dal vicepresidente Riccardo Riccardi.
«Trieste – spiega
ancora Treu – rappresenta un’anomalia negativa, con solo il 30% di
posti letto pubblici, segno che le troppe micro polifunzionali del
capoluogo sono una risposta, sbagliata, a una carenza di servizi
pubblici. Serve quindi un sistema trasparente, per evitare che
l’alibi dei costi a carico degli enti locali sia la premessa per una
riduzione dell’offerta pubblica e un ulteriore allargamento del già
prospero mercato privato». E poi c’è il tema delle rette che
aumentano più velocemente dell’inflazione. Tra il 2013 e il 2017,
secondo la Cgil, i costi sono saliti del 4% per i non autosufficienti
e del 4,3% a fronte di una crescita dell’inflazione dell’1,4%.
ancora Treu – rappresenta un’anomalia negativa, con solo il 30% di
posti letto pubblici, segno che le troppe micro polifunzionali del
capoluogo sono una risposta, sbagliata, a una carenza di servizi
pubblici. Serve quindi un sistema trasparente, per evitare che
l’alibi dei costi a carico degli enti locali sia la premessa per una
riduzione dell’offerta pubblica e un ulteriore allargamento del già
prospero mercato privato». E poi c’è il tema delle rette che
aumentano più velocemente dell’inflazione. Tra il 2013 e il 2017,
secondo la Cgil, i costi sono saliti del 4% per i non autosufficienti
e del 4,3% a fronte di una crescita dell’inflazione dell’1,4%.