Cinema e teatri, crisi senza fine: lavoratori in piazza anche in Friuli Venezia Giulia
Una
“assenza spettacolare” di una politica di rilancio del settore. È
quanto denunciano i lavoratori dei cinema, dei teatri e dell’industria
dello spettacolo, che venerdì 30 ottobre scenderanno in piazza in tutta
Italia per lanciare l’ennesimo grido di allarme sulla pesantissima crisi
di un settore tra i più colpiti dall’emergenza sanitaria. In Friuli
Venezia Giulia l’appuntamento è in piazza Unità a Trieste, con un presidio regionale indetto dai sindacati di categoria Slc-Cgil, Fstel-Cisl e Uilcom, che si terrà a partire da metà mattinata davanti alla Prefettura.
“assenza spettacolare” di una politica di rilancio del settore. È
quanto denunciano i lavoratori dei cinema, dei teatri e dell’industria
dello spettacolo, che venerdì 30 ottobre scenderanno in piazza in tutta
Italia per lanciare l’ennesimo grido di allarme sulla pesantissima crisi
di un settore tra i più colpiti dall’emergenza sanitaria. In Friuli
Venezia Giulia l’appuntamento è in piazza Unità a Trieste, con un presidio regionale indetto dai sindacati di categoria Slc-Cgil, Fstel-Cisl e Uilcom, che si terrà a partire da metà mattinata davanti alla Prefettura.
«I provvedimenti per arginare l’epidemia devono trovare il giusto
equilibrio tra la sicurezza per lavoratori e pubblico e una spinta più
decisa e innovativa verso il rilancio delle attività », chiedono le
categorie, che avevano proclamato la giornata di protesta già prima
della nuova chiusura di cinema e teatri, decisa dal Dpcm del 25 ottobre.
Il settore, infatti, dava pochissimi segnali di ripresa, per la
convergenza di diversi fattori negativi ““ limiti alla capienza, mancanza
di titoli e spettacoli di grande richiamo, diffidenza del pubblico ““
che stavano già compromettendo pesantemente la stagione autunnale, che
tradizionalmente coincide con il ritorno alle sale e ai teatri. Ad
aggravare la situazione dei lavoratori, molti dei quali rischiano il
posto in assenza di ulteriori proroghe agli ammortizzatori, il ritardo
nell’erogazione della cassa integrazione o dell’assegno erogato dal
fondo di integrazione salariale Inps.
equilibrio tra la sicurezza per lavoratori e pubblico e una spinta più
decisa e innovativa verso il rilancio delle attività », chiedono le
categorie, che avevano proclamato la giornata di protesta già prima
della nuova chiusura di cinema e teatri, decisa dal Dpcm del 25 ottobre.
Il settore, infatti, dava pochissimi segnali di ripresa, per la
convergenza di diversi fattori negativi ““ limiti alla capienza, mancanza
di titoli e spettacoli di grande richiamo, diffidenza del pubblico ““
che stavano già compromettendo pesantemente la stagione autunnale, che
tradizionalmente coincide con il ritorno alle sale e ai teatri. Ad
aggravare la situazione dei lavoratori, molti dei quali rischiano il
posto in assenza di ulteriori proroghe agli ammortizzatori, il ritardo
nell’erogazione della cassa integrazione o dell’assegno erogato dal
fondo di integrazione salariale Inps.
Tutto
questo, per i sindacati di categoria, «rafforza la necessità di
individuare le fattibilità di forme di spettacolo che, nel rispetto di
tutte le misure cautelative, possano evitare o accorciare le sospensioni
che gravano sull’occupazione e sulla possibilità di resistere oltre la
pandemia, per un settore che non è fatto solo di grandi imprese
pubbliche». Slc, Fistel e Uilcom ricordano infatti come teatri pubblici e
fondazioni lirico sinfoniche siano gli unici enti, in questo settore,
con occupazione stabile e accesso agli ammortizzatori sociali
tradizionali, mentre in molte altre realtà è prevista solo la cassa per
Covid. «Se i lavoratori delle fondazioni liriche pagano il mancato
rinnovo del contratto nazionale ““ si legge nel documento che verrà
consegnato al Prefetto di Trieste ““ ancora di più hanno pagato i
lavoratori precari e i lavoratori atipici, che si sono visti annullare i
contratti sottoscritti senza ottenere alcun risarcimento e in qualche
caso non hanno recuperato neppure le spese di trasferta. Ancora più
grave, oltre al mancato pagamento di emolumenti in certi casi risalenti
anche agli anni passati, che sui nuovi contratti di lavoro autonomo si
pretenda di scrivere che nessun compenso è dovuto se gli spettacoli
verranno annullati a causa del Covid».
questo, per i sindacati di categoria, «rafforza la necessità di
individuare le fattibilità di forme di spettacolo che, nel rispetto di
tutte le misure cautelative, possano evitare o accorciare le sospensioni
che gravano sull’occupazione e sulla possibilità di resistere oltre la
pandemia, per un settore che non è fatto solo di grandi imprese
pubbliche». Slc, Fistel e Uilcom ricordano infatti come teatri pubblici e
fondazioni lirico sinfoniche siano gli unici enti, in questo settore,
con occupazione stabile e accesso agli ammortizzatori sociali
tradizionali, mentre in molte altre realtà è prevista solo la cassa per
Covid. «Se i lavoratori delle fondazioni liriche pagano il mancato
rinnovo del contratto nazionale ““ si legge nel documento che verrà
consegnato al Prefetto di Trieste ““ ancora di più hanno pagato i
lavoratori precari e i lavoratori atipici, che si sono visti annullare i
contratti sottoscritti senza ottenere alcun risarcimento e in qualche
caso non hanno recuperato neppure le spese di trasferta. Ancora più
grave, oltre al mancato pagamento di emolumenti in certi casi risalenti
anche agli anni passati, che sui nuovi contratti di lavoro autonomo si
pretenda di scrivere che nessun compenso è dovuto se gli spettacoli
verranno annullati a causa del Covid».