Allarme Nidil: «Oltre 15mila precari, avranno pensioni da fame»
(da Il Piccolo) Un presente da precario, un futuro da pensionato senza pensione. Un domani che riguarda quella pletora di lavoratori atipici che navigano dentro il mare dei co.co.co., co.co.pro., interinali, collaborazioni occasionali, voucher e di ben 42 tipologie diverse di contratti di lavoro “flessibile” e parasubordinato. Una selva che in Italia nel 2006 (ultima rilevazione Isfol Plus effettuata sul tema) riguardava 3 milioni e mezzo di italiani,
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ma che oggi sembra essersi rinfoltita raggiungendo quota 6 milioni e mezzo, comprendendovi anche i lavoratori in nero ed i disoccupati.
Ma anche a Trieste e in regione l’area di precarietà si sta diffondendo a macchia d’olio. Secondo dati elaborati dalla Nidil Cgil (il sindacato che raduna precari e disoccupati) di Trieste, sulla base di dati incrociati Istat, Inps e Agenzia regionale del lavoro, attualmente nel Friuli Venezia Giulia l’instabilità professionale toccherebbe 123.333 (65.297, togliendo il lavoro nero) persone, a Trieste 25.665 (15.159 senza i lavoratori irregolari) su un totale di forza lavoro di 95mila persone.
Ma a far saltare la mosca al naso dei sindacati non è stato tanto il numero in aumento, quanto il futuro pensionistico di chi oggi non gode di quellÂ’incredibile beneficio che è diventato il “posto fisso”. Lo scorso 5 ottobre il presidente dell’Inps, Antonio Mastropasqua, aveva tuonato: «Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale». Come dire: le loro pensioni saranno talmente basse che quando lo sapranno molti andranno fuori di testa.
A Trieste,
«Il lavoro a Trieste deve diventare il punto centrale – spiega Adriano Sincovich, segretario provinciale Cgil – e in questo coinvolgeremo anche Cisl e Uil. Per quanto riguarda le pensioni dei parasubordinati l’aggettivo giusto per definirle è “miserrime”. Di fatto a tutti questi lavoratori viene negata una pensione. Stiamo parlando di gente che a 65 anni si troverà con pensioni di 200-300 euro a fronte di stipendi che oggi si aggirano sugli 800 – 1000 euro. Vogliamo informarli di questo, dotandoli di consapevolezza». Il destino che li aspetta è una pensione pari a circa il 40% dell’ultima retribuzione, sempre che rimangano collaboratori a vita e vadano in pensione a 65 anni con 40 anni di contributi. In pratica una missione impossibile.
«I parasubordinati hanno una carriera molto discontinua – spiega Gianni Bertossi, segretario provinciale della Nidil Cgil – e sono in continuo aumento. Nel