Occupazione a Trieste, quei numeri vanno presi con le pinze
In merito al proclamato “boom” di contratti a tempo indeterminato attivati a Trieste nel 2015, riteniamo che sia opportuna maggiore cautela. Le situazioni di crisi che affrontiamo ogni giorno e le difficoltà che incontriamo nell’arginare le situazioni più critiche, alle volte anche con il supporto delle Istituzioni, ci impongono una giusta dose di realismo che non ci faccia abbassare la guardia su una crisi che non ci sembra per nulla risolta.
Per quanto riguarda i dati, rileviamo che siamo entrati in una nuova fase in cui i dati sul lavoro rimangono nei cassetti delle Istituzioni che se li tengono per se anziché metterli a disposizione della collettività per una lettura completa, anziché filtrata dai comunicati stampa.
Gli “Open data” pubblicati sul portale dell’Ente Regione sono fermi al 2014, i dati provenienti dai centri per l’impiego territoriali e pubblicati sullo stesso sito sono fermi al 2013, il report annuale fatto in dicembre dall’amministrazione regionale riporta dati del 2014, i report trimestrale dell’osservatorio regionale sono fermi al 2013, negli incontri istituzionali informativi dell’autunno 2015 sulla istituzione dell’Agenzia regionale del lavoro non sono stati forniti dati.
Per quanto ci riguarda, non avendo dati pubblici disponibili nella loro interezza per una analisi ragionata degli stessi, per noi rimane sul tavolo il problema di una città che ha perso 7.000 posti di lavoro durante la crisi, e le situazioni di disagio lavorativo e umano che incontriamo ogni giorno confermano questa preoccupazione. Il sindacato non nega che nell’ultimo periodo ci sia stato qualche segnale positivo in alcuni punti del tessuto produttivo triestino e tanto meno nega che questi segnali rappresentino finalmente una boccata di ossigeno per chi vive la crisi sulla propria pelle, riteniamo però allo stesso modo che non ci siano concesse semplificazioni o facili trionfalismi.
Gianni Bertossi
Dipartimento Mercato del lavoro CGIL Trieste