Belci: “Ferriera, Trieste va incontro a rischi sociali”

da Il Piccolo del 21 agosto 2012

Non usa mezzi termini: «Trieste va incontro a rischi sociali». E, preoccupato, punta l’indice su Regione e Lucchini. L’una «è ferma», l’altra è «inadempiente». Franco Belci, segretario regionale della Cgil, non riesce proprio a godersi le vacanze. La vicenda Ferriera, dopo anni di immobilismo, può scoppiare da un momento all’altro come una pentola a pressione. Tra ipotesi di riconversione e l’emergenza inquinamento i sindacati sono sul chi va là . «La vicenda è delicata, siamo seriamente preoccupati» – ammette Belci. Perché l’Ilva di Taranto è un esempio fin troppo vicino e il 2015, data in cui si prevede la chiusura dello stabilimento triestino, è dietro all’angolo. La speranza, tutta rivolta al tavolo regionale che tornerà  a riunirsi a fine mese, è l’inizio di un percorso chiaro che porti alla fantomatica riconversione. Ad oggi, però, mancano progetti concreti. Il ministero delle Attività  produttive, nel frattempo, ha proposto a enti locali e parti sociali una «dichiarazione d’intenti» che apre alla siderurgia “pulita” anche oltre il 2015. Nella partita si è fatta largo Sertubi-Jindal, che prima di scoprire le carte attende di ottenere il via libera alla siderurgia. Gli enti locali, invece, vogliono garanzie, a cominciare dal rispetto dell’ambiente. «Non firmiamo cambiali in bianco», aveva detto Cosolini. Gli operai vivono intanto nell’incertezza del posto di lavoro, mentre chi abita a Servola teme per la propria salute. Sulla vicenda, a cui vanno aggiunte le indagini della magistratura, s’ingarbugliano insomma troppi nodi. L’ultimo potrebbe arrivare nei prossimi giorni ancora al pettine del sindaco: se i dati dell’Arpa sulle emissioni di benzopirene riferite a giugno e luglio dovessero superare ancora i limiti stabiliti dall’ultima normativa regionale, Cosolini sarà  costretto a imporre la riduzione dell’attività  della Ferriera. Belci è d’accordo: «La proprietà  non ha eseguito nell’impianto tutti gli interventi previsti e ora mantiene una posizione defilata: vorrebbe vendere alle migliori condizioni possibili per liberarsi dello stabilimento. Ma noi ora noi non possiamo consentire la produzione a tutti i costi se di mezzo c’è la salute di chi vive a Servola e dei lavoratori». Belci dà  ragione a Cosolini quando, nell’intervista sul Piccolo di ieri, afferma che tutto è in mano alla Regione: «Io non ho né competenze, né risorse, né strumenti per fare politiche industriali e ambientali», è stata l’osservazione del primo cittadino. Vero? «Già  – ri
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flette il segretario della Cgil – è sempre stato così ed è grave che l’assessore alle Attività  produttive Federica Seganti, peraltro triestina, e l’ex assessore al’Ambiente Luca Ciriani, finora non abbiano messo in campo alcuna soluzione vera. Dell’assessore Savino, che coordina il tavolo, ci fidiamo di più, ci pare più attiva, mentre da Seganti e Ciriani c’è stata una sostanziale latitanza, cominciata nel 2008. Ci hanno messo quasi 4 anni per partire con il tavolo sulla riconversione, dopo interminabili rinvii». Sul destino del sito di Servola la Cgil tiene le porte aperte: su Sertubi-Jindal «è importante capire se il piano industriale mira alla chiusura della cokeria in modo da consentire una siderurgia molto meno impattante, mantenendo gli stessi livelli occupazionali attuali». Tasto su cui Belci batte pure nell’ipotesi di un futuro “logistico” per l’area, così come prospettato dalla stessa dichiarazione d’intenti del governo e dal protoccollo d’intesa firmato a dicembre dal ministro Clini e dall’Authority per il recupero di 2 milioni di mq a fini portuali, in cui rientra anche il terreno occupato dalla fabbrica. Se la logistica non può assorbire l’intera forza lavoro attualmente impiegata da Ferriera e Sertubi, così come rilevato sia da Savino che da Cosolini, «allora si abbinino le due soluzioni – rilancia Belci – portualità  e industria, ma pulita». Su Servola, dunque, assieme al fumo dei camini, aleggia un enorme punto interrogativo che inquieta la Cgil: «Le istituzioni la smettano con questo atteggiamento – ribadisce Belci- tra salute e lavoro si sta esponendo la città  a rischi sociali».