Immigrazione, stop agli allarmismi e alla demagogia

Leggiamo su Il Piccolo di oggi dei problemi che hanno i dottorandi stranieri ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, e sorge immediatamente un pensiero: è possibile che l’Italia non percepisca la necessità , e sottolineiamo necessità , che ha delle persone immigrate?
La via crucis che hanno dovuto affrontare le collaboratrici alla

air jordan pas cher
,
longchamp pliage pas cher
,
sac louis vuitton pas cher
,
nike air max pas cher
,
air max bw pas cher 
persona (conosciute come “badanti”) per avere finalmente la possibilità  di esercitare la propria professione regolarmente ne è testimonianza. Pensavano, i nostri governanti, che rendere impossibile o quasi la regolarizzazione di chi offre questo servizio riducesse la domanda dello stesso? O forse pensavano che bastasse ostacolare l’assunzione regolare di un assistente alla persona per elevare qualitativamente le prestazioni del nostro welfare, rendendo l’apporto di personale assunto privatamente dalle famiglie superfluo? Finalmente chi governa ha percepito la situazione reale: i nostri “vecchi” hanno bisogno di qualcuno che li curi ““ la nostra vita non sempre ci consente di farlo come vorremmo ““ e questo qualcuno non può che essere straniero, visto che le nostre connazionali e i nostri connazionali rifiutano queste ed altre professionalità  che sono poco remunerate e poco valorizzanti.
Sì, possiamo dire che molte professioni non sono ambite dai nostri concittadini: quella del manovale edile, del bracciante, lavori da operai non qualificati, con turnazioni disagevoli, e non da ultimo, quella dell’infermiere, e che molto spesso questi impieghi sono ricoperti da lavoratori stranieri.
Su questo problema vorremmo soffermarci in modo particolare. La carenza strutturale di personale infermieristico italiano che coinvolge tutte le nostre strutture sanitarie non si ferma all’assistenza degli anziani, anzi investe tutti gli ospedali del territorio nazionale: pare infatti che questa professione non sia più ritenuta appetibile dai nostri connazionali, costringendo così la struttura sanitaria a ricorrere alle prestazioni di professionisti stranieri in possesso di un titolo equiparato alla nostra laurea triennale. Ed è così che noi importiamo infermieri da ogni parte del mondo, anche da posti molto lontani come l’America Latina, e li impieghiamo nei nostri ospedali. Fin qui tutto bene, ma che cosa succede quando al professionista straniero scade il permesso di soggiorno? Per rinnovarlo c’è bisogno di un nulla osta della Provincia che potrebbe essere consegnato “brevi manu” al professionista in questione. Così non è: infatti gli stranieri vengono rimandati nel paese d’origine a ritirare presso l’ambasciata italiana il nulla osta, imponendo una perdita economica dovuta sia alla sospensione dal lavoro per il periodo del rientro a casa che dal costo del viaggio, che se consideriamo la nazionalità  di molti infermieri ammonta ad un paio di mesi di stipendio. In tutto questo percorso perdiamo di vista l’origine dei fatti: siamo noi che abbiamo bisogno di loro, è il nostro sistema ospedaliero che ha bisogno di infermieri stranieri, che li va a reclutare talvolta anche nei paesi d’origine, per poi rendergli impossibile l’esercizio della professione in modo continuativo, e costringerli quindi ad abbandonare il nostro territorio per spostarsi in paese più ospitali e meno problematici.
Nel mondo scientifico e della ricerca si pone lo stesso problema: inseguiamo costantemente un ideale di sviluppo scientifico, sosteniamo i costi della formazione di ricercatori e scienziati, e una volta formati li perdiamo.
Perdiamo i nostri connazionali perché le nostre università , in base ai depositi dello Stato, non sono in grado di offrire delle opportunità  basate sulla meritocrazia ai giovani ricercatori, pagandoli in modo adeguato alla preparazione che hanno, e dandogli una stabilità  lavorativa. Facciamo invecchiare, quelli che rimangono, nell’attesa di un posto che consenta l’espressione della loro preparazione. I migliori ci lasciano per paesi che investono di più e meglio in questo campo. Dall’altro verso non riusciamo a trattenere le intelligenze straniere perché la nostra scarsa lungimiranza rende il loro inserimento nella nostra società  pieno di ostacoli burocratici e di politica. E anche di queste persone abbiamo un estremo bisogno se vogliamo che l’Italia resti nell’area dei Paesi più sviluppati ed il bene “conoscenza” sia quel valore aggiunto che tutti declamano a parole, ma che poi con decisioni politiche miopi ed inaccettabili si nega.
Elisabetta Faidutti, segreteria Cgil Trieste