Allarme Cgil: a Trieste 1.500 posti di lavoro a rischio
Dall’edilizia all’industria tessile, dalla portualità al commercio. I sindacati lo dicono a chiare lettere: non c’è comparto del tessuto produttivo triestino che non rischi di pagare a caro prezzo le conseguenze della crisi economica in atto. Conseguenze che, se rimarrà invariato il trend negativo registrato già a fine 2008 e segnato da calo del Pil e frenata dei consumi, si tradurranno in una pesante emorragia di posti di lavoro: secondo le prime, e ancora prudenti proiezioni, nel corso del 2009 potrebbero perdere l’impiego tra le 1000 e le 1500 persone su una forza lavoro complessiva di oltre 97 mila persone.
COMMERCIO Preoccupanti segnali di sofferenza, secondo le sigle sindacali, arrivano innanzitutto dal mondo del commercio. Nel corso del 2008 il comparto ha registrato decine di cessazioni di attività e tagli di personale. «Per strada – osserva Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil – si sono già perse diverse centinaia di posti di lavoro. E la tendenza è destinata ad accentuarsi ulteriormente nel giro di un paio di mesi, quando inizieranno a farsi sentire ancora più nettamente a Trieste gli effetti della crisi».
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EDILIZIA Le difficoltà del comparto delle costruzioni (in cui a Trieste lavorano tra i 4 e i 5 mila addetti, 65% dei quali stranieri ndr) emergono con chiarezza da alcuni indicatori segnalati dalla Cassa edile. È il caso dell’aumento, registrato negli ultimi mesi, dei mancati pagamenti dei contributi previdenziali da parte delle aziende. Aziende, osservano i sindacati, alle prese con un mercato sempre meno dinamico, dove i committenti scarseggiano, l’esecuzione dei lavori si allunga e la liquidità diminuisce. Le stesse difficoltà che, di recente, hanno spinto una realtà solida come
PORTUALITÀ La gravità della situazione del comparto portuale ha spinto due settimane fa sindacati e assessorato provinciale al Lavoro ad avviare l’iter per il riconoscimento, da parte della Regione, dello stato di crisi. A rischio disoccupazione, al momento, un centinaio di persone tra dipendenti dell’ex Compagnia portuale, personale dell’Impresa portuale destinata ad essere assorbita dalla Idealservice e soci delle cooperative. «Tutti lavoratori con professionalità che sarebbe un delitto perdere – osserva il segretario provinciale della Cisl Luciano Bordin -. Serve quindi una riflessione seria sulle prospettive di ricollocamento, oltre che un ragionamento sullo stesso sviluppo dell’attività portuale in città ».
AUTO Le conseguenze della pesante crisi del settore automobilistico denunciato da Confindustria a livello nazionale, secondo i sindacati, rischiano di farsi sentire a caduta anche a Trieste. «Lo dimostra il caso della concessionaria Progetto 3000 – spiega Wally Trinca, dell’Ugl -. Per una ventina dei circa ottanta dipendenti, alcuni assunti con contratto da commerciali altri invece come metalmeccanici, è già stata chiesta la cassa integrazione di 13 settimane».
MANIFATTURIERO Si annunciano venti di crisi anche per il comparto manifatturiero. La situazione più critica, al momento, resta quella della Cartiera Burgo, dove sono già una settantina gli operai in cassa integrazione. Per lo stabilimento di San Giovanni di Duino si annuncia anche la chiusura della linea 1 ed esuberi tra le 50 e le 100 unità . Cassa integrazione di 13 settimane anche per 120 dipendenti della Sertubi, alle prese con una pesanti crisi degli ordini che, secondo le previsioni delle sigle sindacali, potrebbe condizionare anche l’attività di Fincantieri e Wartsila. E non va certo meglio alla Tirso, azienda attiva nella produzione dei filati speciali, che nel corso del
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA L’attuale fase di crisi economica rischia di dare il colpo di grazia anche al settore chimico-farmaceutico, in difficoltà già da tempo. A farne le spese gli oltre 100 dipendenti della Diaco, per i quali è stata chiesta e ottenuta nei mesi scorsi la cassa integrazione a rotazione. Ma anche i circa 80 ex dipendenti della Cover, in mobilità da un anno e ormai vicini al licenziamento definitivo.
TERZIARIO Certe, anche se al momento difficilmente quantificabili, anche le ricadute negative sul tessuto del terziario che, assieme al commercio, in città dà lavoro a circa 15 mila persone. Le più a rischio, secondo le proiezioni, sono le attività che offrono servizi alle aziende, come consulenze informatiche e pulizie. Servizi che gli imprenditori alle prese con calo degli ordinativi e perdite di commesse si troveranno inevitabilmente costretti a tagliare.
A rischio anche migliaia di operatori interinali
L’incubo della disoccupazione non toglie il sonno soltanto ai dipendenti assunti a tempo indeterminato. Il rischio di non trovare impiego per effetto della crisi, infatti, è reale anche per le migliaia di lavoratori atipici, giovani e meno giovani, assunti con contratti a progetto o contattati dalle aziende per collaborazioni coordinate e collaborative.
Segretarie, impiegati, consulenti e rappresentanti. Un piccolo esercito che, tra 2007 e 2008, contava circa 20mila unità , vale a dire i due terzi dei 29 mila avviamenti al lavoro conclusi nello stesso periodo. E che nei prossimi mesi, proprio in conseguenza della difficile congiuntura economica, al lavoro rischia di non essere avviato più. Un pericolo che trova già le prime conferme. «Dai contatti con le agenzie interinali – spiega Adriano Sincovich della Cgil – notiamo un rallentamento significativo nella richiesta di lavoro “in affitto” da parte delle imprese. Una conseguenze piuttosto prevedibile: quando cala la produzione, i rapporti atipici vengono giocoforza rimessi in discussione».
Ma mentre un metalmeccanico o un perito chimico, in caso di difficoltà strutturali della propria azienda, possono fare affidamento sugli ammortizzatori sociali, un grafico assunto a progetto per sei mesi o la commessa chiamata a rafforzare il personale di un negozio durante il periodo dei saldi non ha alcun tipo di sostegno economico. Per gli atipici, infatti, non esistono cassa integrazione, né ordinaria né straordinaria, mobilità o sussidi di disoccupazione.
«Chi, tra i lavoratori “in affitto”, rimane per lunghi periodi senza contratti, finisce per trovarsi completamente senza reddito. Per usare un’espressione ancora più chiara, rimane in mutande – continua Sincovich -. E se si considera il peso, in termini numerici, che gli interinali hanno in una realtà fortemente “terziarizzata” come quella di casa nostra, è facile capire quale portata possa avere una drastica riduzione dei loro avviamenti al lavoro. Centinaia di triestini potrebbero trovarsi di fatto senza alcun sostegno, con ricadute facilmente prevedibili per il tessuto economico del territorio».
Di qui, secondo i sindacati, la necessità e l’urgenza di definire interventi di sostegno al reddito e, parallelamente, metter mano ad un provvedimento giuridico che metta ordine nel quadro degli ammortizzatori sociali. Quadro in cui si inserisce anche lo sforzo fatto dalla Regione per garantire sostegni economici in deroga pure agli operatori del commercio, comparto per il quale non erano previsti i tradizionali strumenti della cassa integrazione e della mobilità . (m.r.)